Nonna Giuditta Racconto

Nonna Giuditta è un racconto che parla di nonni, di ricordi, di magia.  Ricordate “Il giardino segreto”? È un romanzo per ragazzi e un film. Aveva colpito molto la mia fantasia. Sono partita da quell’idea per costruire il mio racconto. È un racconto dolce, fantasy. C’è la protagonista molto giovane, c’è una vecchia, grande casa piena di ricordi, c’è il ricordo di una nonna molto misteriosa e c’è la porticina nera di un giardino circondato da un muro. Superare quella porta, ora che la casa le appartiene, è come entrare in un mondo fantastico, misterioso. La protagonista prenderà una coraggiosa decisione e verrà catapultata in un mondo fantastico.

Lulu

“Apro piano la porta d’ingresso e scendo gli scalini di pietra. La ghiaia scricchiola sotto i miei piedi. L’ansia mi assale, come se stessi per fare una marachella. Mi costringo a non correre. La porta del giardino è lì, coperta dall’edera. Dopo tutti quegli anni è ancora nera e lucida. Con un bastone sposto l’edera, libero la toppa e la maniglia. Inserisco la chiave, lentamente, abbasso la maniglia e spingo. La porta si apre facilmente, con un sospiro che profuma di erba, di caldo, di acqua.

Davanti a me, c’è un piccolo sentiero di ghiaia, bordato con grosse pietre che un tempo erano bianche. Mi chiudo la porta alle spalle. Neanche questa volta cigola sui cardini. C’è l’erba alta, ci sono fiori di campo, c’è un roseto incolto ma pieno di rose grandi, scampanate, rosso scuro e bianche come la neve. C’è anche un piccolo stagno, coperto dalle foglie di ninfea. Un grosso melo, a destra, è su un dosso, protegge con la sua ombra una panchina in ferro battuto ormai arrugginito. I pomi sono grandi, rossi, incredibilmente profumati. Un rigagnolo fa ancora girare una ruota in legno e spinge l’acqua dentro tubi di bambù. Dai rami dell’albero non pendono solo i pomi, pendono anche decine di casette per gli uccellini.

Dopo tutti questi anni, gli oggetti creati dall’uomo si sono rovinati e Madre Natura ha ripreso possesso dei suoi spazi. Mi siedo sulla panchina e mi guardo intorno. Mia nonna veniva qui, passava lunghissime ore a godersi questo paradiso, si occupava di questo bellissimo roseto e poi tornava da me, con lo sguardo perso in chissà che sogni.

La stanchezza e l’emozione prendono il sopravvento, sto per addormentarmi, forse è già sogno il movimento che vedo a sinistra. Un esserino che non riconosco compare tra i fili d’erba e poi scompare. Vedo i fiori di campo muoversi delicatamente. Non mi muovo. Aspetto e faccio finta di dormire. Socchiudo appena gli occhi e lo vedo: un ometto con camicia e pantaloni blu, con un cappellino rosso; è alto meno di una spanna. Sì, non riesco a crederci, ma mi sembra proprio uno gnomo. È curioso e non può fare a meno di guardarmi e avvicinarsi. Uno strano insetto cerca di spingerlo fra l’erba: ali grandi da libellula, trasparenti e azzurre, un corpicino lungo e affusolato. Una fata o un folletto?

Sospiro e questi minuscoli esseri si nascondono tra le erbe.”