L’Autostoppista Racconto horror

L’autostoppista(L):

L’autostoppista è un racconto horror, ma è anche una famosa leggenda metropolitana che viene raccontata spesso. Incomincia sempre nello stesso modo: notti terribili in cui piove tantissimo o c’è una nebbia spessa, passando davanti ad un cimitero, un automobilista può trovare una donna che chiede un passaggio. Arrivati a destinazione, la donna sparisce nel nulla. Naturalmente è un fantasma. Il fatto di averle dato un passaggio evita che l’autista si trovi coinvolto in un terribile incidente, quindi il fantasma salva la vita. La storia di Danielle incomincia con un evento simile. Il fantasma di Danielle, però, ha bisogno di aiuto, deve ottenere giustizia. Visto che il fantasma le ha salvato la vita, Danielle si improvvisa detective e risolve il “caso”. Spaventosa storia di fantasmi? Un pochino. Ma voi, quando piove o c’è nebbia, state attenti.

Omicidio irrisolto

“Come stai Danielle?”

“Sei tornata, Rebecca? Ho mille domande da farti. Chi è morto al mio posto? Se uscirò domani, morirò? Perché mi aiuti? Chi sei?”

“Sono il fantasma di una donna assassinata. Ho avuto un incidente vicino a quel cimitero. Ti ho aiutato perché ho sentito il pericolo che stavi correndo, era forte, doloroso, proprio lì davanti al cimitero, ed ho pensato che poi, tu avresti potuto aiutare me ad avere giustizia. Stamattina, nell’incidente sull’autostrada, non è morto nessuno al tuo posto, puoi stare tranquilla. Ti ho regalato un po’ di tempo in più.”

“Tra quanto morirò?”

“Non posso dirtelo, ma da adesso, devi vivere più intensamente, sfruttare meglio il tempo che ti resta. Tanto o poco, non te lo so dire. Mi aiuterai?”

“A fare giustizia? Sono un impiegata, mica un poliziotto!”

“Tu sei determinata e io ti darò le indicazioni che servono per risolvere il mio problema. Intanto, perché non leggi la mia storia su internet?”

“Se sai tutto quello che ti è successo e chi è stato a ucciderti, perché non compari direttamente a un poliziotto o a un avvocato o a che ne so io?”

“Perché ho bisogno di una persona ricettiva. Non tutti possono sentirmi e vedermi. Tu hai una mente aperta. Inoltre io so che sono stata uccisa ma non so chi l’ha fatto. So che l’auto era nuova, non hanno funzionato i freni, qualcuno li ha manomessi. Può essere stato mio marito, ma non ne sono sicura. Più passa il tempo e meno possibilità ho di avere giustizia, poco per volta sto dimenticando i dettagli di quello che è successo, sto scomparendo dalla mente dei miei cari. Non mi resta molto.”

Indagini

“Capisco. Sono la persona giusta? Ho bisogno di nomi, date, dettagli. Come so che hanno messo tutto su internet? Va bene. Ci provo. Domani, però ritornerò a lavorare, quindi mi occuperò di te stasera e domani sera. Va bene?”

“Va bene. Ti prego aiutami. Sei la mia ultima possibilità.”

L’ombra di Rebecca si avvicina al muro e lo attraversa. Danielle sente un brivido percorrerle la schiena e istintivamente si mette un plaid sulle spalle.

La cucina s’illumina di una luce cruda, il rubinetto dell’acquaio lascia cadere una goccia d’acqua che fa un rumore quasi assordante quando tocca i piatti sporchi. Il frigorifero si apre con un soffio e rivela un vuoto desolato. Due uova, un pezzo di formaggio un po’ rinsecchito.

La cena è scarsa, il pane sta diventando secco, quindi il tostapane lo ravviva, le uova diventano una frittata resa filante dal poco formaggio che ha trovato. Una mela, vergognosamente rossa completa la cena. Anche la padella e il piatto finiscono nell’acquaio e poi in lavastoviglie. Tutto questo mentre la testa di Danielle ragiona sugli eventi e sulle parole di Rebecca.
Il computer ha il cursore che lampeggia nella pagina del browser, attende parole di senso compiuto per fornire elenchi di pagine. Le mani di Danielle scrivono parole come ”Rebecca”, ”incidente d’auto”, ma poi il tasto ”Canc” riporta a zero le parole. Niente sembra abbastanza convincente a Danielle per trovare la vita di Rebecca e la sua morte. Gli occhi bruciano, la schiena duole. Danielle spegne il computer e finisce la giornata con un altro antidolorifico mentre spegne la luce della sua stanza.