Sette, splendide e pericolose – Racconto

Sette, splendide e pericolose – L’abito dell’anima 2021 –Gioant Edizioni.

 

OGGI QUESTO RACCONTO E’ IL ROMANZO: LE STREGHE DI MAMROT

 

Ecco le protagoniste del racconto “Sette splendide e pericolose” : Rowina(Lussuria); Therry(Gola); Candice(Invidia); Samantha(Superbia); Babette(Avarizia); Nadine(Accidia); Betty(Ira).

Il pulmino si ferma appena dopo il confine del paese, i passeggeri si voltano a guardare ciò che stanno lasciando. C’erano 800 abitanti in città, adesso ci sono solo rovine fumanti. Ridono i passeggeri, un attimo prima di ripartire per la prossima meta: un grazioso paesino in riva al mare. Felicity Cove: spiagge bianche e un porticciolo pieno di barche di pescatori; un ristorante per turisti che affaccia sul mare, una breve passeggiata, le case con giardino che si stendono alle spalle del porto.

«Siamo arrivate! Dividiamoci. Vi chiameremo tra qualche giorno, quando la macchina sarà stata messa in moto. State attente e mantenete un basso profilo.»

Così mentre Babette, Betty e Nadine scendono dal pulmino, le altre proseguono per Felicity Cove: poco più di mille abitanti, felici, almeno sino a quel momento. Quattro splendide ragazze raggiungono il paese e lo attraversano. Il pulmino blu suscita qualche interesse, non è un mezzo conosciuto. Si ferma davanti a una villa antica, ristrutturata nei secoli, diversa da tutte le altre case, con un grande giardino, la piscina, un porticato. La più bella di tutto il paese, storico monumento di tempi lontani. Otto stanze, tutte con bagno, arredamento solido, elegante, curato nei minimi dettagli.

“Carina e stucchevole. Ci fermeremo tanto?”

“Giusto il tempo di fare il solito lavoretto.”

“Paese piccolo, non ci sarà molto da divertirsi.”

“Diamoci da fare. Portiamo in casa le valigie. Siamo le prime, quindi scegliamo le stanze migliori, sempre che ce ne siano.”

“Guardo cosa c’è in frigorifero!”

“Il ragazzo della piscina e il giardiniere, quando vengono?”

La villa ospita queste quattro splendide ragazze: Rowina, Terry, Candice e Samantha.

Due bionde e due rosse, fisico perfetto, mani curate e unghie lunghissime, perfettamente laccate. L’abbigliamento sportivo non lascia spazio alla fantasia.

Therry è entrata in casa, ha lasciato la valigia nella stanza più vicina e ha visitato la cucina. Ne esce dopo pochi minuti, con una smorfia di disgusto.

“Vado a fare la spesa, c’è il deserto!”

“Alcool, ricordati l’alcool! Ne abbiamo assolutamente bisogno.”

La richiesta arriva da Rowina, che sottolinea la sua principale esigenza. Therry sgomma con il pulmino, raggiunge il centro commerciale ed entra. Non ha mai avuto bisogno di una lista della spesa, ogni corsia contiene il necessario per i menù che ha in mente. Anche l’alimento più povero nelle sue mani diventa una prelibatezza.

Il reparto alcolici la occuperà per un po’ di tempo, conosce bene tutte le esigenze delle sue compagne di viaggio. Finita la spesa, entra in pasticceria. Si guarda intorno e sceglie tre torte enormi. Il paese ha incominciato ad agitarsi: una donna l’ha vista nel centro commerciale, ha telefonato alle amiche, che hanno chiamato altre donne e così la voce si è sparsa a macchia d’olio. Quella splendida bionda, straniera in un paese dove ci si conosce tutti, ha scatenato il vento del pettegolezzo. È bella da togliere il fiato, Therry, sembra una statua, perfettamente tornita, meravigliosamente bionda, occhi penetranti e labbra sensuali. Chi l’ha vista ne è rimasto impressionato. Lei sa di aver raggiunto il suo obiettivo e innescato la bomba.

Rowina vede arrivare il pulmino, chiama le altre e tutte escono, pronte a scaricare ogni ben di Dio.

“Ragazze! Sembra che abbia portato qui il supermercato! Si è dimenticata i commessi, però!”

Rowina ha il chiodo fisso, la battuta pronta e le altre, che la conoscono bene, non possono fare a meno di ridere. Quattro ragazze portano in casa una quindicina di borse, le scatole delle torte e tre scatoloni pieni di bottiglie.

Rowina guarda Therry negli occhi: “Dimmi che in questo buco di paese c’è almeno un uomo interessante!”

Therry ride: “Tranquilla, sorellina. Ci sono commessi muscolosi, un intero supermercato!”

Candice: “Chi sa che visione celestiale! Avrei voluto esserci!”

Therry apprezza gli uomini, sa che molti attirerebbero l’attenzione delle sorelle, ma lei ama di più i negozi di cibo: la pasticceria ha fatto breccia nel suo cuore e nel suo stomaco.

Therry: “La prossima volta vieni con me. Mi sono lucidata gli occhi in una vetrina piena di ogni ben di Dio.”

Samantha ha il viso corrucciato e le braccia incrociate: “Non so come fai. Mangi più di tutte noi messe insieme e hai un fisico perfetto. Ti odio!”

Therry si stringe nelle spalle. Riordina le borse, organizza gli alimenti, mette in frigorifero dolci e bevande, ma prima sfiora ogni torta. Non può evitarlo. Deve provare per prima quelle deliziose tentazioni.

Il pasto luculliano porta il silenzio nella villa, ma appena finisce, il cicaleccio ricomincia e le inquiline incominciano una riunione tranquilla e un po’ sonnolenta.

“Come incominciamo?”

“Con una festa. Io adoro le feste. Avrò un abito mozzafiato. Farò morire tutti d’invidia!” Samantha ha sempre le idee chiare sull’argomento.

Le quattro ragazze prendono carta e penna e si mettono all’opera: una festa che serva per il loro piano, deve essere organizzata con cura.

“Gli inviti: tutto il paese! Ci presenteremo alla grande e ci faremo subito riconoscere.” Candice sa come far muovere certi ingranaggi.

“Bevande e cibo, un’orchestra, camerieri.” Therry scrive furiosamente su un taccuino che si riempie in fretta di idee ed elenchi.

“Un annuncio sul giornale locale, in modo che tutti sappiano che io sono qui, che noi siamo qui.” Questa è la modestissima Samantha che non vuole certo passare inosservata.

L’organizzazione richiede molto impegno, i tempi sono stretti, mancano pochi giorni alla data prestabilita, ma loro sono in quattro e sono abituate a quel genere di lavoro. Sarà un evento indimenticabile per il paese. Dopo un riposino di bellezza le quattro ragazze prendono il pulmino e arrivano in città.

Hanno i loro compiti: Therry entra come un treno in corsa in pasticceria; Candice si occupa di andare in stamperia a procurarsi un buon numero di volantini che tappezzeranno le vie del paese; Samantha prepara l’annuncio che il giornale locale dovrà pubblicare con il prossimo numero e lo porge a un capo redattore ammutolito che fa solo cenno di sì con la testa; Rowina passeggia per il paese, stando attenta a farsi notare e scambia battute con i passanti che hanno voglia di ascoltarla.

Il bar del paese le accoglie per un aperitivo, giusto prima di cena. Gli avventori che lo frequentano si zittiscono appena le vedono entrare. Gli uomini restano bloccati, mentre alcune donne si danno di gomito e scuotono la testa. La cameriera, Dorine, ormai fuori forma nella divisa stropicciata, arriva trascinando i piedi, con il suo taccuino e la matita dietro l’orecchio.

“Buonasera, cosa vi porto?”

“Vorremmo degli aperitivi”.

“Qualche stuzzichino”.

Dorine alza gli occhi al cielo e con voce strascicata pronuncia la terribile sentenza: “Birra o super alcolici, noi non beviamo aperitivi!”

“Due bionde e due rosse, allora. Medie.” Si guardano negli occhi e incominciano a ridere, mentre Dorine raggiunge il bancone e passa l’ordine a un giovane barista.

“Avete visto il barista? Ha la maglietta e i jeans dipinti addosso!”

“Carino! Da mangiarselo, direi…” Therry finisce sempre lì, ma Rowina non ci bada. I suoi occhi non si staccano dall’uomo che sta spillando le loro birre.

Candice si alza lentamente dal tavolo, stira sulle curve perfette il suo vestitino blu e si dirige verso il vecchio juke-boxe. Tutti gli avventori si voltano a guardarla. La musica è forte, l’aria vibra e lei si muove come se le note l’avessero invasa. Quando tutto tace, torna a sedersi, seguita dagli sguardi scandalizzati delle donne e dagli occhi incantati degli uomini. Samantha non intende essere da meno, dopo aver sistemato i jeans e aperto un po’ di più la camicetta, si avvicina al bancone. Il barista la nota, lei si piega sul piano di legno e gli regala un sorriso fantastico. Sussurra qualcosa nell’orecchio dell’uomo, offrendogli una generosa visione del proprio petto, mentre tutti gli altri, donne comprese, possono ammirare la perfezione assoluta dei suoi jeans firmati.

Rowina osserva la scena con attenzione, sta studiando i volti degli uomini che stanno osservando le sue sorelle: sono tutti pescatori, si capisce dall’abbigliamento e dalla pelle cotta dal sole. Sono sposati, alcuni, altri sono giovanissimi, altri ancora sono anziani ancora vivaci. Uomini duri, con necessità semplici, prede perfette per i loro  scopi. L’atmosfera del locale si sta scaldando e l’elettricità è sempre più percepibile.

“Che cosa hai detto al barista?”

“Che a fine turno, devo parlargli. Finisce alle 10, ci aspetterà nel parcheggio.”

“Che intenzioni hai?”

“Ho bisogno di un bel barista per la festa, qualche soldo gli farà comodo, poi magari gli darò anche una mancia speciale…”

“Sei terribile.”

“Avete sentito com’è cambiata l’aria qui dentro? Forse è il caso che andiamo a cena, prima che la situazione precipiti troppo presto.”

“Non siamo qui per questo?”

“Non essere impulsiva, Candice. Ogni cosa a suo tempo. Anche le altre, poi, hanno diritto di divertirsi!”

Le ragazze escono attraversando lentamente il locale; le occhiate di molti avventori le accompagnano. I ristoranti a Felicity Cove sono due: un ristorante sul porto, frequentato da tutti e un ristorante appena fuori dal paese, molto esclusivo. Le quattro donne entrano nel locale, elegante ma odoroso di fumo di sigaro, la maître le riceve con un sorriso di circostanza. Controlla un registro e le accompagna a un tavolo.

La sala da pranzo è in penombra, ai tavoli ci sono solo uomini, abito scuro, sigaro acceso nonostante i divieti di fumo. L’arrivo delle quattro donne suscita parecchia curiosità: alcuni uomini restano con la forchetta a mezz’aria, uno rischia di strozzarsi con il vino, un paio di uomini d’affari controllano che la cravatta e il colletto siano in ordine. Le sorelle si siedono a un tavolo, la maître accende una candela e distribuisce i menù. Un uomo anziano, con un grosso sigaro in mano e un anello altrettanto grosso al dito, chiama discretamente la maître.

“Elisabeth, chi sono le nuove arrivate?”

“Signor Sindaco, non saprei. Non le ho mai viste. Credo siano le turiste che hanno affittato la villa. Ne parla tutto il paese.”

“Offro io gli aperitivi, chiedi se posso avvicinarmi e presentarmi, a nome del paese, naturalmente.”

“Va bene. Provvedo subito.”

Così le quattro donne fanno la conoscenza del Sindaco Bones, rispettabilissimo rappresentante del paese, che dà il benvenuto alle quattro splendide signore che si godranno una magnifica vacanza nella sua ridente cittadina. Le ragazze gli anticipano l’invito alla festa. Samantha gli chiede di spargere la voce tra gli altri cittadini illustri.

Il sindaco, esageratamente gentile, è attratto dalla bellezza delle quattro donne. Si offre di accompagnarle a casa, finita la cena. Loro scherzano, ridono alle battute, provocano, ma poi salutano il sindaco sulla porta del ristorante lasciandolo solo.

“Perché non gli hai dato quello che voleva Rowina?”

Lei sorride: “Mia cara sorellina, è come per i cioccolatini, se non puoi mangiarli li desideri di più. Sabato sarà pronto a tutto pur di potermi stare vicino.”

Così i giorni passano, le quattro ragazze frequentano il paese, conoscono una parte della popolazione maschile: giovani, uomini sposati e pensionati allegri; le donne del posto sono più difficili da conquistare ma, trovati gli argomenti giusti, anche loro si aprono e fanno amicizia. Candice organizza delle colazioni al bar dove decanta le doti delle sue sorelle, racconta i trattamenti di bellezza che le rendono così belle, parla delle superbe ricette culinarie di Terry e delle indubbie capacità pittoriche di Samantha. Le donne l’ascoltano con attenzione, incantate dalle doti dialettiche della donna. L’invidia incomincia a serpeggiare tra quelle donne come una malattia contagiosa. Samantha trascorre qualche ora nella bella biblioteca della villa. È incuriosita da alcuni testi antichi: contengono la storia del paese, di quella villa e qualcosa di molto inquietante.

La villa era una casa colonica all’inizio del 1600, poi è stata pesantemente ristrutturata ed è diventata uno dei tanti tribunali che hanno ospitato i processi alle streghe negli anni bui. È stata ancora ristrutturata ed è diventata una splendida residenza. Non furono molte le donne di Felicity Cove che entrarono nel tribunale, ma tutte furono condannate per stregoneria.

Molti degli abitanti del paese sono discendenti di chi, a quei tempi, organizzava i processi, torturava quelle povere donne ed eseguiva le sentenze. Samantha trema, il suo istinto le dice che Felicity Cove non è come tutti gli altri paesi in cui hanno lavorato. Qualcosa aleggia sopra quel paese e mette i brividi. Le ragazze si guardano, hanno strane espressioni in volto, non bastano i loro sorrisi tirati per dissimulare la loro preoccupazione.

Mentre le inquiline della villa si preoccupano del paese in cui sono arrivate, la parte femminile del paese si preoccupa di analizzare ogni aspetto delle nuove venute. La preoccupazione maggiore, è la sensibilità che dimostrano gli uomini nei confronti delle turiste.

Il comportamento delle donne ha suscitato sensazioni particolari, ma per poco. Gelosia, invidia, ira prendono il sopravvento e incominciano a rodere gli animi delle donne, che poi, danno il tormento agli uomini malati di lussuria.

Il Sindaco Bones suggerisce un comportamento cauto, visto che le turiste, sino a quel momento, non hanno fatto nulla di male. Maltrattare i turisti non giova al buon nome del paese e alle sue casse. Le eventuali decisioni o i provvedimenti dovranno essere rimandate a dopo la festa. Così il passaparola porta l’invito a quella strana festa in tutte le case. Ogni donna e ogni uomo si prepara al meglio per essere presentabile. Gli uomini sognano di attirare le attenzioni delle quattro donne e godersi un momento piacevole.

Felicity Cove è divisa in due: i pescatori, le loro famiglie, i negozianti, gli operai dell’industria conserviera e poi ci sono i ricchi: il sindaco, un imprenditore che si occupa di vendite immobiliari, un banchiere, il proprietario dell’industria conserviera. Sabato arriva, gli ultimi preparativi fervono già dal mattino presto. Alle sedici, incominciano ad arrivare i primi ospiti, il personale di sicurezza indirizza alcune persone nel giardino, altre nell’ampio salone. Così le classi sociali restano separate opportunamente.

Rowina ha il suo bel da fare con certi uomini d’affari, ma Therry, Candice e Samantha sanno essere delle affascinanti padrone di casa. Entrano ed escono dalla casa come api operose. Danno uguali attenzioni a tutti gli ospiti. L’atmosfera della festa non è quella che ci si aspetterebbe. Le donne si sentono in pericolo vedendo i maneggiamenti delle padrone di casa con gli uomini, ma provano anche una pungente invidia per i vestiti, i tacchi a spillo, i gioielli e persino le unghie e i capelli che sono così perfetti. Gli uomini sono gelosi delle attenzioni che godono gli altri e fanno a gara per attirare l’interesse di almeno una delle padrone di casa.

La festa dura sino a notte fonda, gli ami sono stati lanciati, le quattro donne dovranno solo aspettare che qualcuno abbocchi e che dia inizio alla guerra.

Le due settimane seguenti sono chiacchere tra donne o tra uomini, dove l’argomento di conversazione è sempre lo stesso: le quattro ragazze della villa e l’esito della festa.

Ci sono uomini che parlano, sognano, litigano, fanno a pugni per la bellissima Rowina che ha dato attenzioni particolari a uno rispetto che all’altro. Therry ha diviso dei bignè con alcuni pescatori e si discute sul quantitativo offerto a uno piuttosto che all’altro. Dopo la scazzottata però, gli uomini vanno a bere birra al bar. L’amicizia è più forte dell’ira.

Candice è oggetto di discussione tra le donne del paese: i suoi capelli sono i più lucidi mai visti, le sue unghie sono le più dure, le più lunghe, le più lucide e perfette. Queste donne provano invidia e gelosia, ma l’ira che le divora è per le quattro donne, non per gli uomini che le guardano e le desiderano.

Samantha è stata riconosciuta come una donna istruita, intelligente, famosa e il fatto che abbia snobbato il sindaco e un paio di industriali, ha fatto sortire la definizione di “superba”, ma a molti sembra che la definizione sia più legata al suo fisico che a un lato del suo carattere. Le ragazze si aggirano per il paese nei giorni successivi alla festa e raccolgono i commenti. L’atmosfera è calda, la situazione potrebbe evolversi in fretta. Chiamano le altre ragazze e le invitano a raggiungerle in villa. L’arrivo di Babette, Betty e Nadine è salutato da una lussuosa cena organizzata da Therry.

Betty: “Come va ragazze? Vi siete prese anche ciò che era nostro, eh?”

Nadine sbuffa: “Meglio, no? Tanto lavoro in meno!”

Babette non riesce a stare zitta: “Facciamo due conti? Quanto è costato questo lavoretto? La villa mi sembra eccessiva. Una festa troppo fastosa, questa cena che poteva essere un po’ più frugale, visto che dobbiamo lavorare…”

Therry si sente punta sul vivo, sbuffa scocciata: “Babette, sorellina adorata, per favore, stai tranquilla. Non siamo fuori budget, anzi! Piuttosto, lo sapete che questo era un tribunale in cui ci sono stati processi alle streghe? Sentivo una vibrazione forte, ho l’impressione che alcune nostre amiche abbiano vissuto brutti momenti, qui.”

Candice l’abbraccia. “Sorellina, era un brutto periodo, è finito. Adesso ci sono altri modi per punire le donne, ma almeno non le bruciano più.”

Babette si stringe nelle spalle, lei conosce bene tutti questi discorsi, non è molto preoccupata. Si sente più coinvolta, almeno al momento, con il problema del budget. Nadine sbadiglia, vorrebbe poter riposare, non ha molta voglia di lavorare e organizzare la settimana che è appena incominciata.

“Domattina, andiamo in paese: colazione, shopping e stuzzichiamo un po’ gli abitanti di Felicity Cove.”

“Samantha cosa credi? Siamo esperte, sai? Non è la nostra prima volta! Ho adocchiato alcuni scaricatori al porto, sono giovani, abbronzati, proprio dei bocconcini.”

Rowina guarda Samantha e le sorride, poi tira fuori la lingua. Samantha le fa gli occhiacci e alza le spalle.

Betty incrocia le braccia in un gesto che le è usuale: tra le sorelle ci sono solo scaramucce verbali, non sono mai delle vere litigate. Hanno appianato da secoli le loro divergenze.

“Non prima delle undici, però. Ho bisogno di dormire, questi lavori stancano!”

Candice guarda Nadine e scuote la testa. L’abbraccia da dietro e le morde l’orecchio.

“Ahi! Sei impazzita?”

“Sai cosa invidio in te, Nadine? La tua assoluta indolenza. Sei la più indolente delle indolenti. Vorrei essere così brava a essere invidiosa, come tu sei indolente. Forse questo, però, l’ho già detto.”

Tutte ridono. Accerchiano Nadine e l’abbracciano. Pur essendo quella che collabora di meno nei loro lavori, è la più coccolata. La mattinata incomincia lentamente, bisogna aspettare l’ora giusta che hanno concordato con Nadine. Finiti gli undici rintocchi, mentre cinque sorelle salgono allegramente sul pulmino, Betty corre nella camera della sorella. Lei, è profondamente addormentata, Betty caccia un urlo, ma Nadine non si muove. Scosta le coperte con un gesto teatrale e scopre che la donna ha la mascherina sugli occhi, le cuffie a coprire le orecchie e i tappi. Non avrebbe sentito neanche le cannonate. Le strappa via tutto, Nadine è nel panico. Le urla di Betty la fanno quasi svenire dallo spavento.

“Sei impazzita? Mi verrà un infarto! Che ore sono?”

“Nadine, sono le undici. Abbiamo aspettato che fossero le undici per muoverci, ma a te non basta! Dobbiamo andare. Vestiti! Muoviti! Siamo già tutte sul pulmino!”

“Tu non sei sul pulmino! Che cosa mi metto? Dovrò pensarci! Fa freddo? Fa caldo? Cosa mangeremo?”

Betty schiuma di rabbia, i suoi capelli neri sembrano prendere vita, la pelle candida si tinge di rosso, gli occhi lampeggiano. Le mani sono strette a pugno, potrebbe anche farsi sanguinare i palmi se non riuscirà a riprendere il controllo.

Apre l’armadio di Nadine, studia un momento la situazione e prende un paio di pantaloni eleganti, a sigaretta, una camicetta color pesca e un paio di scarpe con un tacco medio.

“Mettiti questo. Sbrigati. Hai 5 minuti. Se non arrivi vengo a prenderti io, ti vestirai sul pulmino. MUOVITI!!!”

Esce sbattendo la porta. Nadine salta sul letto al rumore assordante del legno che scricchiola. Dovrebbe correre in bagno, ma il sonno e la sua naturale indolenza la rallentano, Betty sarà furibonda. Solo quel pensiero la fa muovere. Quaranta minuti dopo è vicino al pulmino.

“Scusate, spero di non avervi fatto aspettare troppo…”

“No, cara, niente di che! Faremo pranzo invece di colazione. Piccola modifica a un piano perfetto…”

Therry ride, le lacrime agli occhi per la situazione. Nadine è incorreggibile. Nello specchietto retrovisore, guarda Betty, potrebbe esplodere da un momento all’altro. Gli occhi azzurri lanciano dardi di fuoco, la rabbia cieca che le scorre nelle vene, le braccia incrociate sul petto, segno inequivocabile del suo stato d’animo. Candice è seduta vicino a Nadine, la sta pettinando dolcemente, i capelli castani, corti, sempre ribelli.

“Dovresti truccarti un pochino, cara.”

“Fatica sprecata Candice, poi cola, mi devo lavare, ritruccare, meglio niente.”

“Di te, sorellina, invidio due cose: essere bella anche senza trucco e la tua indolenza assoluta. Niente ti fa agitare.”

“Non è vero, Candice! Io mi agito! Guarda stamattina, sono scesa come un fulmine!”

Betty esplode in parole irripetibili, le altre le coprono con una fragorosa risata. Therry deve stare attenta alla guida, ma sente che è difficile non ridere. Nadine guarda di sottecchi Betty e cerca di toccarla per farsi perdonare. Betty la guarda, vorrebbe strozzarla, ma alla fine le prende la mano, in segno di pace. Il pulmino blu si ferma nella piazza principale: le ragazze si guardano intorno e restano di stucco. Il paese è l’immagine della serenità: poche auto che percorrono la via principale, persone che passeggiano tranquille, locali moderatamente affollati. Le scazzottate, le urla, le litigate dei giorni precedenti sono solo un ricordo.

“Che cosa è successo? Dobbiamo ricominciare tutto da capo?” Betty è sconvolta, lei è sensibile all’aria elettrica del nervosismo e dell’ira e non sente niente.

Rowina si guarda intorno, c’è uno studente che passeggia, solo. Le ha lanciato un’occhiata, poi ha abbassato lo sguardo arrossendo appena. Rowina gli sorride, invitante, ma lui non sembra reagire.

“Non ci credo. Niente odore di ormoni giovanili.”

Candice passa le mani sui suoi abiti, sottolineando le curve perfette, spera che le donne che la stanno guardando, provino qualche sensazione, ma loro entrano in un negozio come se niente fosse. Nessuna reazione.

“Non so cosa sia successo. Non ho mai visto niente di simile.”

Le ragazze sono spiazzate, di solito sono in grado di suscitare l’apocalisse, ma in questo paesino, niente sembra funzionare. Gli abitanti sono refrattari a qualunque provocazione. Stanno per risalire sul pulmino, l’aria si riempie dell’ululato delle sirene, arrivano pattuglie che frenano bruscamente bloccando il loro mezzo. Due auto con i lampeggianti, il sindaco Bones sulla sua bella auto lucida, due pickup luridi carichi di pescatori con i raffi che usano per i tonni.

“Ferme, mani in alto! Siete in arresto!” Lo sceriffo usa il megafono per far comprendere bene che cosa si aspetta dalle sette donne.

Rowina alza le mani come tutte le altre: gli abiti attillati offrono uno spettacolo inequivocabile, ma gli uomini che le osservano sembrano insensibili.

“Sceriffo, che cosa succede? La prego, ci sta facendo paura!”

La voce di Rowina dovrebbe essere sensuale e ammaliante, ma con queste persone non sembra avere effetto.

“Avete portato lo scandalo e lo scompiglio a Felicity Cove, non ve la caverete facilmente. Siete in arresto.”

Arriva il pulmino giallo della scuola, ne scendono 3 uomini armati di fucile da caccia.

Le donne vengono fatte salire sul pulmino, ammanettate e bloccate ai sedili.

“Che fucile grosso che hai…” prova a dire Rowina a un uomo che la sta ammanettando al sedile, ma l’uomo la ignora, un’espressione impassibile in volto.

Babette alza gli occhi al cielo: “La cauzione ci costerà tutti i nostri risparmi!”

“Non credo che questo sia il problema Babette, credo che qui stia per succedere qualcosa di peggio.”

“Ci manderanno ai lavori forzati?”

“Nadine, non preoccuparti. Non credo che sia questo il nostro problema più grosso.”

“Lo sapete come si mangia in prigione? Cibo allucinante.”

Therry ha l’aria schifata. Rowina vorrebbe dire a Therry che quello non è il loro problema più grosso, ma l’autista dell’autobus urla: “Silenzio!”

Si guardano in faccia le sette sorelle, quello scambio di battute doveva servire per allentare la tensione del momento, ma tutte sentono il peso dell’atmosfera che si respira e sanno che la situazione è molto preoccupante. L’hanno vissuta altre volte, nella loro lunga vita. L’autobus si è mosso, viaggia lentamente, percorre strade dissestate e si sta allontanando dal paese.

Quando finalmente si ferma, sono ai margini di un bosco, il sentiero che devono percorrere, si apre su una radura, è occupata da sette pali in fila con una catasta di legno alla base di ogni palo.

“Non siamo streghe! Siamo solo delle turiste innocenti e indifese. Abbiamo dato una bella festa per presentarci!”

Samantha ha perso tutta la propria sicurezza, i suoi grandi occhi verdi sono laghi grigi pieni di lacrime e paura.

Un giudice con toga nera e parrucca bianca, legge la loro sentenza: “Disturbo della quiete pubblica e stregoneria. Sarete purificate dal fuoco. Che Dio abbia pietà delle vostre anime.”

Il Sindaco Bones dà un segnale e gli uomini conducono le sette donne ai pali. Due uomini per ciascuna le sorreggono, le fanno voltare quando salgono sulla pira. Le legano strettamente alle caviglie, le braccia che girano dolorosamente all’indietro per chiudersi con una fascetta di plastica spessa, ancora un giro di corda intorno al collo. Le corde segnano dolorosamente le pelli delicate.

Quando tutte e sette sono bloccate, i pescatori mettono mano ai ganci, squarciano gli abiti, penetrano le carni sode, sfregiano i volti. Il sangue scorre copioso dalle ferite. L’orrore scorre come il sangue e le lacrime, nell’assoluta indifferenza di quegli uomini silenziosi. Nessuna di loro riesce a fare breccia in quegli animi pietrificati. I carnefici sono sordi, muti, insensibili. Le urla strazianti e le preghiere di pietà non hanno effetto.

Quegli uomini sono i discendenti dei torturatori dell’Inquisizione e come allora svolgono un lavoro che ritengono giusto, non provano assolutamente nulla. Una per volta chinano il capo, sembrano morte o svenute. Non ha molta importanza. Il Sindaco Bones ha tre taniche di benzina nel cofano dell’auto e una grossa torcia con la punta coperta di stracci. Li bagna con la benzina, poi passa le taniche agli agenti e allo sceriffo che la spargono sulle cataste. Il sindaco accende la torcia e con quella, lentamente, accende le sette pire. Sembra che il fuoco stenti a prendere, ma poi le fiammate s’innalzano voraci.

Il fuoco si spande e divora la pira, trova i piedi delle ragazze, sale verso gli abiti stracciati, avvolge i corpi perfetti e raggiunge i volti. Mentre il fuoco distrugge avidamente ogni corpo, sette teste si alzano verso il cielo, sembrano riscuotersi dal sonno. L’aria si riempie di una risata, anacronistica e irreale in quella situazione. Sette donne stanno ridendo, la risata beffarda e stridula di vecchie streghe, messaggio di vittoria sulla morte e sulla giustizia sommaria degli uomini. Quegli uomini così duri e insensibili sentono un brivido gelido percorrere le loro schiene. Stringono più forte le mani intorno ai raffi o ai fucili. Guardano il sindaco Bones, aspettano un segno. L’uomo è ammaliato da quell’orribile spettacolo, non dice nulla. Il sangue si gela nelle vene a chi incomincia a dubitare.

Il fuoco non scoppietta ma ruggisce, divora, distrugge, produce un denso e puzzolente fumo nero che oscura il cielo. Qualcuno dirà che tra quelle colonne di fumo, in alto, dove il vento le riuniva in un’unica nuvola, c’era un volto malefico, ghignante con grandi occhi rossi. Quando il fuoco langue, tutti si riuniscono intorno al Sindaco attendendo altri ordini.

“Nessuno può portare scompiglio a Felicity Cove sino a quando io sarò sindaco!”

Tutti gli uomini risalgono sui mezzi e ritornano a Felicity Cove. Nessuno parla, il silenzio è tangibile sia nell’aria che nelle auto. Le teste sono un frullare di pensieri, preghiere e immagini atroci. Le donne sono riunite nella piazza principale, è il crepuscolo. I lampioni cittadini stanno per accendersi, le ombre tremolano nella luce fioca, ci sono troppe ombre inquietanti tra le donne riunite. Un gruppo compatto, con le braccia incrociate in petto, gli sguardi truci, le labbra serrate. La moglie del sindaco prende la parola, a nome di tutte: “Avete fatto quello che vi avevamo detto?”

“Naturalmente. Giustizia è stata fatta.”

È la risposta degli uomini in coro.

“Torniamo a casa, ormai è ora di cena!”

I gruppi si sfaldano, le coppie si riformano e si allontanano, ognuna verso la propria casa: come dopo un comizio politico, come se nulla fosse successo quel giorno. La radura è silenziosa, il fuoco ormai spento. Sette cataste di legna si sfaldano in cenere, i pali cedono e sembrano doversi sfaldare da un momento all’altro. Sette corpi neri e contorti sembrano tremare. La cenere vola via, le ultime chiazze di calore s’infiammano all’aria, per spegnersi lentamente. Incomincia a piovere, una sferzata d’acqua battente che cerca di lavare via quell’orrore. Un rivolo nero scorre dai corpi e raggiunge il terreno, si allarga in pozza scura, orrore che dovrà essere assorbito dalla terra. I corpi vibrano, si scuotono, sembrano quasi danzare, mentre le corde bruciate si spaccano e liberano bozzoli informi. Si abbracciano, ridono e lasciano Felicity Cove, mano nella mano.

“Andrà meglio la prossima volta. Ci prendiamo una vacanza?” dice Nadine.

Candice si volta indietro a guardare il paese che rimpicciolisce in lontananza. Betty vorrebbe tornare indietro a cercare vendetta, ma il loro volo le porterà verso una nuova meta.